"Misuriamo l'intangibile". Una guida all'osservazione delle interazioni umane
«Conta ciò che si può contare, misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è»
Galileo Galilei
Si può misurare il wellbeing di un’organizzazione? Siamo in grado di misurare il livello di orientamento alla coesione di una squadra di lavoro o di un gruppo di amministratori locali? Ed ancora, è possibile misurare - e non solo calcolare - l’impatto e la sostenibilità di un progetto?
Innovazione Sociale si apre al prezioso contributo di DialogicaLab per raccontare non solo che è davvero possibile farlo, ma soprattutto per mostrare il valore trasformativo che tale azione può avere per l'innovazione.
"Misuriamo l'intangibile" sarà dunque uno spazio di approfondimento che ci accoglierà nei prossimi mesi e che, di volta in volta, ci darà modo di riconoscere, capire e utilizzare al meglio ciò che appare come astratto, impalpabile e, di conseguenza, di difficile comprensione: le interazioni umane. E sono proprio le interazioni tra individui quell'intangibile che accomuna wellbeing, coesione, impatto e sostenibilità, quella forza invisibile ma concreta in grado di plasmare ogni nostra realtà: saperle misurare con rigore scientifico è la chiave per anticipare e governare qualunque cambiamento, in qualsiasi contesto.
Chi è DialogicaLab? "Siamo Architetti dell’interazione umana e progettisti del cambiamento. Il nostro obiettivo è rendere Enti Pubblici, organizzazioni private, cittadini più competenti nell’aumentare il proprio impatto positivo sulla comunità di riferimento e nel promuovere la sostenibilità come responsabilità condivisa. Vediamo un mondo in cui la conoscenza diffusa e rigorosa delle interazioni umane consente ai policy maker e ai cittadini di anticipare l’impatto delle proprie scelte e di progettare e gestire comunità più coese, più in salute e più sostenibili."
Impegnata dal 2006 negli ambiti della consulenza, della formazione e della ricerca per l'innovazione di Politiche Sociali e Servizi alle persone, la realtà di DialogicaLab può contare su un team di psicologi, psicoterapeuti, ricercatori per servizi di comunità, formatori ed esperti in comunicazione, costantemente attivi nello sviluppo e nell'applicazione del programma di ricerca della Scienza Dialogica, disciplina che "si pone l'obiettivo di analizzare e studiare le configurazioni discorsive generate nell'interazione tra esseri umani tramite l'uso del linguaggio naturale." (Turchi e Orrù, Metodologia per l'Analisi dei Dati Informatizzati Testuali. Fondamenti di teoria della misura per la Scienza Dialogica, Edises, 2014).
DialogicaLab sarà la nostra guida in questo viaggio attraverso l'intangibilità delle interazioni umane

Foto di Михаил Секацкий su Unsplash
L'elefante nella stanza. Ovvero, come osserviamo la comunità?
Testo a cura di DialogicaLab
« C’era una volta, o forse ancora c’è, un piccolo villaggio abitato interamente da ciechi. Un giorno arrivò nel villaggio un essere sconosciuto che qualcuno, non si sa chi, non si sa dove, diceva fosse “un elefante”. Nessuno ne aveva mai incontrato uno e allora sei saggi vennero chiamati a decidere della sua natura, e se tenerlo o meno nel villaggio. Si avvicinarono dunque prudenti e cominciarono a toccare il nuovo venuto: “E’ come un ventaglio”, disse chi ne aveva tastato l’orecchio, “Potrebbe esserci d’aiuto nelle afose giornate estive!”. “No, è fatto come una corda!”, rispondeva chi ne aveva toccato la coda, “Potrebbe servirci dunque per legare gli animali”, “No, le corde ci serviranno per costruire recinti!”, replicava un altro. Chi gli accarezzava la pancia affermava che fosse morbido e rugoso e che potesse essere un buon animale da compagnia, e a lui rispondeva sicuro chi toccava le zanne che era un essere appuntito, quindi sicuramente pericoloso. “Altro che pericoloso: ci servirà per combattere i nemici!”, ribatteva il vicino.»
Come ci immaginiamo prosegua la storia? Cosa arriveranno a decidere i 6 saggi continuando ad interagire così?
La storia dei 6 saggi ciechi e dell’elefante ci rimanda a quelle situazioni in cui c’è una questione comune da gestire e ciò che può accadere rispetto a questa dipende strettamente dal modo in cui interagiamo con gli altri: immaginiamo una riunione di condominio in cui vanno valutate scelte di spese straordinarie; o i molti assetti professionali in cui un team deve perseguire insieme i risultati prefissati. Se allarghiamo lo sguardo, potremmo applicare la stessa osservazione ai luoghi di confronto e programmazione delle politiche sociali territoriali, che incrociano le voci delle Pubbliche Amministrazioni con quelle del Terzo Settore. O ancora, a quelle occasioni in cui le aziende incontrano i propri stakeholder per redigere il bilancio di sostenibilità, o per gestire una contrattazione sindacale. Sono contesti molto diversi, in cui i 6 saggi di turno si trovano a confrontarsi rispetto a qualcosa che sono chiamati a gestire insieme.
In quanti modi diversi è possibile interagire su una questione comune, e quali effetti e implicazioni hanno queste diverse modalità?
Proviamo ad aggiungere qualche esempio.
Immaginiamo un’Amministrazione comunale che si trovi a gestire il problema “sicurezza”, dovendo fare i conti con una diffusa percezione di "insicurezza" da parte della cittadinanza. La scelta di utilizzare dati statistici a supporto della valorizzazione degli interventi introdotti, per attestare ad esempio la diminuzione dei reati in una certa zona, potrebbe non essere il modo più utile per promuovere condivisione. Al contrario, potrebbe esacerbarsi il conflitto e la distanza tra il percepito e il dichiarato: “E’ un ventaglio!”, “No, è una corda!”.
Ora spostiamoci in un tavolo di co-progettazione, in cui soggetti diversi di uno stesso territorio, che lavorano a favore di uno stesso target di utenza, sono invitati da un soggetto terzo, ad esempio una Pubblica Amministrazione, a valutare come lavorare a fronte delle limitate risorse disponibili: a ciascuno un target, un pezzetto della torta, con il fine di lavorare insieme. Oppure, a ciascuno un pezzo di territorio. Ancora una volta: cosa ci immaginiamo che accada? Quanto la “spartizione” è garanzia della tenuta di un assetto di condivisione? O quanto non rafforza dinamiche frammentate, in cui ciascuno fa il suo, rimanendo sulla propria esperienza e competenza?
Altro scenario, altro elefante! Immergiamoci in una comunità scolastica che vuole intervenire sui crescenti tassi di "dispersione": se chiedessimo alla scuola di descrivere i suoi alunni più critici, potremmo trovare analisi che attribuiscono alle famiglie la responsabilità del percorso dei ragazzi; al contempo è diffusa l’attribuzione alla scuola (genericamente intesa) di non essere in grado di offrire risposte ai bisogni dei giovani cittadini. Qualche voce del Terzo Settore potrebbe ribadire la necessità di un ascolto delle richieste dei suddetti giovani, i quali peraltro non è detto che si ritengano parte coinvolta nella costruzione di possibili soluzioni. Ma come interagiscono docenti, genitori, alunni, Dirigenza, Terzo Settore, servizi sociali del territorio? Se le premesse sono quelle di cui sopra (il giudizio reciproco, l’attribuzione ad altri della responsabilità…), ecco che il problema condiviso si perde di vista. Non stiamo più “cercando insieme”, né costruendo insieme una soluzione. Il modo di interagire è piuttosto orientato alla ricerca di cause o spiegazioni, peraltro reciprocamente escludentesi.

Foto di Andrea Tummons su Unsplash
Il modo con cui offriamo agli altri il nostro contributo nell’osservazione e gestione dei problemi che condividiamo, così come il modo con cui usiamo il contributo degli altri, può sembrarci come l’acqua per il pesce che vi nuota dentro. Eppure, osservare l’intangibile è, parafrasando Shakespeare, “osservare la sostanza” di cui è fatta la comunità.
Tutti gli esempi che abbiamo fin qui percorso sono spaccati di comunità. Ed osservare la comunità significa allora osservare i modi con cui i membri della specie umana (nei loro molteplici ruoli ricoperti e contesti praticati) interagiscono e come questo interagire genera valore, più o meno condiviso.
Se l’intangibile delle nostre interazioni comunitarie può apparire astratto, così non sono gli effetti che si generano, totalmente concreti e tangibili: tocchiamo con mano i conflitti e la conseguente frammentazione, e ugualmente abbiamo riscontri fattivi di progettualità trasformative e di ciò che possono produrre in termini di coesione.
Se non osserviamo l’intangibile, abbiamo meno possibilità di gestirne le ricadute e dunque di governare gli assetti interattivi. Ci serve dunque una conoscenza dell’intangibile, che ci consenta di osservare precisamente i modi di interagire e i loro effetti
Torniamo alla storiella dell’elefante. Ci siamo chiesti all’inizio come sarebbe proseguita la storia: ci immaginiamo che se ogni saggio avesse proseguito nell’affermare la propria opinione, fondata su quanto rilevato personalmente, difficilmente la decisione sarebbe stata frutto di un processo di condivisione. Più facilmente, immaginiamo che qualcuno abbia avuto la meglio sugli altri o che si sia iniziato a litigare.
La storia non ha però una fine: non sappiamo cosa i saggi abbiano deciso. L’interazione non è (mai) conclusa, è sempre possibile introdurre una nuova regola. Immaginiamo il prosieguo: magari qualcuno avrà fatto una domanda agli altri per riportare l'attenzione sul problema condiviso? O qualcun altro avrà proposto di chiamare un esperto di elefanti? Forse avranno trovato un modo per rendere l’elefante “risorsa” per il piccolo villaggio, magari scoprendo la possibilità di salirci sopra e di partire alla ricerca di nuovi mondi con cui intrattenere nuovi commerci e nuove relazioni. O, magari, avranno semplicemente lasciato all’elefante la possibilità di tornare da dove era venuto.
Osservare i modi di interagire ci consente di osservare quanto ciò che si genera è condiviso o, al contrario, viene parcellizzato e “disperso”
E se pensiamo alle sfide epocali che la nostra specie si trova a gestire nel presente (e che ci si prospettano nel prossimo futuro), poter disporre di una conoscenza rigorosa sul potenziale dei nostri umani discorsi di intrecciarsi - generando disastri o opportunità, crisi o occasioni - rappresenta una leva fondamentale con cui affrontare, scientificamente, il peso di cambiamenti ormai necessari.
Per approfondire:
"Misuriamo l'intangibile". Una guida all'osservazione delle interazioni umane
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