“Misuriamo l'intangibile”. La magia del linguaggio nel generare realtà
Foto di Marc-Olivier Jodoin su Unsplash 

“Misuriamo l'intangibile”. La magia del linguaggio nel generare realtà

 Testo a cura di DialogicaLab

 

«Provate a immaginare come sarebbe stato difficile creare Stati, chiese o sistemi giuridici
se avessimo potuto parlare solo di cose che esistono davvero come fiumi, alberi e leoni»
Yuval Noah Harari

 

Vi ricordate dell’elefante?

 Nel nostro primo contributo abbiamo illustrato come i modi di interagire che mettiamo in campo, apparentemente intangibili, plasmano la realtà e danno forma a ciò che chiamiamo “comunità”. Per osservare la sostanza della comunità occorre dunque poter osservare l’intangibile delle interazioni.

Ma cosa significa “osservare i modi di interagire”? E, un passo prima, cosa intendiamo con l'espressione “modi di interagire”?

I membri della nostra specie interagiscono attraverso il linguaggio umano, ovvero la capacità di generare senso condiviso attraverso una continua produzione di segni verbali, mimico-espressivi, grafici, pittorici.
Se le diverse lingue ci dividono, il linguaggio umano ci accomuna: è esperienza ampiamente diffusa, ad esempio, riuscire a condividere con chi non parla la nostra lingua il fatto che non ci stiamo capendo. Come potremmo farlo se non fossimo uniti, come specie sapiens, da un modo comune di produrre senso che ci consente di interagire?

Provando ad addentrarci un po' di più nelle caratteristiche del nostro linguaggio, osserviamo che esso è molto più che un semplice “mediatore” di realtà. Infatti, ci consente non solo di riferirci ad un percepito, ma anche - e qui sta la sua magia - di cambiare continuamente i significati in base all’uso che se ne fa tra i parlanti in un certo contesto.

“Questo è seppia!”: potrebbe essere una presentazione di un nuovo membro di una banda di malavitosi, come una discussione tra stilisti sul colore di un certo tessuto. Le medesime tre unità simboliche - questo-è-seppia - generano mondi che nulla hanno in comune.

 

Nell’uso che facciamo del linguaggio, proprio grazie alle sue proprietà “magiche” di costruire quello che non c’è, siamo in grado di generare continuamente senso condiviso, a prescindere dal dato percettivo o dai significati convenzionali

 

È così che nei millenni abbiamo iniziato disegnando figure umane che inseguono bisonti sul muro di una caverna, per arrivare poi a progettare macchine di metallo che volano nel cielo, a fare rivoluzioni e guerre, ma anche battaglie non violente: sono tutti esempi di come, proprio a partire dai discorsi che ci siamo fatti come individui e comunità, abbiamo poi creato realtà percettivamente disponibili. Come ricordavamo con Harari in apertura, se avessimo potuto dire solo di ciò che percepiamo, non si sarebbero potuti creare Stati, chiese o sistemi giuridici. Queste realtà arriviamo a darle per scontate, nonostante gran parte di ciò che ci circonda sia frutto della capacità del linguaggio umano di generare mondi.

 

Foto di CJ Dayrit su Unsplash 

 

Se fin qui abbiamo condiviso che, al di fuori di ciò che percepiamo attraverso gli organi di senso, è il linguaggio che ci consente di generare ciò che abbiamo, è però la scelta dei modi con cui costruiamo discorsi a poter fare la differenza sulle implicazioni, tangibili e reali, che essi generano. Pensiamo ad esempio a tutti i discorsi disponibili rispetto al contrasto alle povertà, o ai discorsi praticati in merito al Diversity&Inclusion in azienda. O ancora alla sostenibilità ambientale e sociale.

Possiamo infatti dire: “Dobbiamo aumentare i fondi per il contrasto alla povertà”, oppure “Attraverso i fondi per il contrasto alla povertà, è utile darsi criteri condivisi per orientarne l’uso verso l’empowerment dei cittadini”. O ancora, “Il governo spende inutilmente fondi per il contrasto alla povertà”. L’obiettivo è sempre lo stesso, il contrasto alla povertà; a cambiare però è il modo di parlarne, e di dargli così una forma. Ciò che facciamo accadere cambierà nei suoi effetti a seconda del COME costruiamo i nostri discorsi.

E ancora, pensando all’inclusione delle diversità in azienda, potremmo raccogliere discorsi tra i più disparati: “E’ un dovere, stabilito anche normativamente, includere persone con disabilità in azienda!”; oppure “Come possiamo progettare percorsi inclusivi per persone con disabilità in azienda, che ne valorizzino e potenzino le competenze?”; ma anche “Le persone con disabilità in azienda producono conflitti e appesantiscono l’efficienza dei team: meglio pensare a una loro collocazione in realtà sociali del territorio”. Anche qui, i percorsi di inclusione si concretizzano a partire dalla forma che le diamo, con il pennello che scegliamo per dipingerla.

Utilizzando gli esempi, possiamo immaginare che i modi di parlare - vale a dire il “come parliamo” - dello stesso contenuto - ovvero della “cosa di cui stiamo parlando” - producono effetti concreti e reali: potremmo concretamente continuare a lamentarci per i fondi che non sono abbastanza, o iniziare a progettare in modo condiviso l’uso di ciò che c’è. Potremmo individuare possibilità sostenibili di inclusione dentro i contesti organizzativi, o pensare che l’unico modo possibile sia rendere esterna la gestione di una persona con disabilità.

 

Quando poi i discorsi si intrecciano, come accade in ogni comunità organizzativa o territoriale, assistiamo al dipanarsi di trame che, nell’interazione dei discorsi, possono essere matasse annodate e contorte oppure ricami, in cui ogni filo contribuisce con il suo colore a tessere un disegno condiviso

 

misurare lintangibile linguaggio dialogica 3

Foto di Mohammad Bagher Adib Behrooz su Unsplash 

 

Torniamo allora alla domanda iniziale: cosa significa “osservare i modi di interagire”? Osservare i modi di interagire significa analizzare come, partendo dall’intangibile dei discorsi che facciamo sulle “cose comuni”, si generano realtà tangibili e dagli effetti concretissimi. Ma siamo proprio sicuri di questo? E se non fossero i discorsi a generare realtà, quanto piuttosto le caratteristiche distintive degli “oggetti sociali” che si relazionano tra loro? E se invece ci fosse un rapporto di causa-effetto tra le cose, a prescindere dai discorsi? Potremmo così, ad esempio, cercare la causa del wellbeing in azienda, oppure i fattori che fanno incrementare il fenomeno dei Neet, o ancora le determinanti delle condizioni di povertà, o i motivi alla base dei comportamenti più o meno sostenibili delle persone. È questo il modo tradizionale di conoscere a cui siamo abituati, l'approccio deterministico che pratichiamo e utilizziamo per risolvere i problemi.

Spesso però tale approccio ci lascia insoddisfatti nella ricerca di risposte efficaci. Dunque, anche quando troviamo correlazioni (spesso sovrapposte o equiparate a cause), ci ritroviamo al punto di partenza, poiché talvolta, pur cambiando i fattori, il risultato non muta: concediamo lo smart working e garantiamo la flessibilità in quanto fattori correlati a maggior benessere e produttività, e accade di raccogliere ancora insoddisfazione e malessere dai lavoratori; diamo benefici e supporti economici ai cittadini, e registriamo poveri sempre più poveri e indebitati. Agire dunque sulle cause, o presunte tali, non è garanzia del risultato, quando abbiamo a che fare con “oggetti sociali”.

Il nostro modo attuale di conoscere la coesione, il benessere, la sicurezza, l’inclusione di una certa comunità utilizzando gli strumenti deterministici delle cause o dei fattori, configura queste realtà come "fenomeni" esistenti di per sé, a prescindere dai sistemi di conoscenza che le hanno generate. Considerarli invece realtà che si generano dai discorsi che la comunità pratica è la nuova strada che qui proponiamo.

 

Misurare l’intangibile della coesione, del benessere aziendale, della sicurezza di una comunità e della cultura dell’inclusione significa dunque poter osservare - e misurare - i modi con cui i diversi parlanti di quella comunità contribuiscono attraverso i loro discorsi a generare realtà ed effetti concreti e tangibili

 

E a cosa può servirci questa osservazione dell’intangibile?
La strada che qui proponiamo ci conduce dritta alla misura: infatti, grazie al supporto teorico della Scienza Dialogica, programma di ricerca trentennale sviluppato in seno all’Università di Padova dal prof. Gian Piero Turchi e del suo gruppo di ricerca, abbiamo a disposizione una formalizzazione dei “come”, cioè una categorizzazione dei diversi modi con cui il linguaggio umano genera realtà, e della loro capacità di modificare o a mantenere stabile una determinata realtà.

Diventa allora possibile, attraverso la metodologia sviluppata dalla Scienza Dialogica, misurare il grado di generatività dei discorsi che facciamo, e quindi ad esempio: attestare quanto un intervento, all'interno di una certa comunità territoriale, aziendale o virtuale, ha impattato sui modi di plasmare la realtà trasformandoli in una direzione di maggior coesione o salute per tutti; anticipare quanto una situazione di conflitto è mediabile e quali modi servono per aumentare il grado di mediabilità; interrogare l’enorme mole di dati testuali che vengono prodotti, ad esempio, sui social, trasformandola in una miniera di informazioni sul livello di diffusione di responsabilità rispetto alla promozione della sostenibilità...e molto altro ancora, come racconteremo nei prossimi appuntamenti della nostra guida all'osservazione delle interazioni umane.

 

 

 

DialogicaLab. "Siamo Architetti dell’interazione umana e progettisti del cambiamento. Il nostro obiettivo è rendere Enti Pubblici, organizzazioni private, cittadini più competenti nell’aumentare il proprio impatto positivo sulla comunità di riferimento e nel promuovere la sostenibilità come responsabilità condivisa. Vediamo un mondo in cui la conoscenza diffusa e rigorosa delle interazioni umane consente ai policy maker e ai cittadini di anticipare l’impatto delle proprie scelte e di progettare e gestire comunità più coese, più in salute e più sostenibili".

Impegnata dal 2006 negli ambiti della consulenza, della formazione e della ricerca per l'innovazione di Politiche Sociali e Servizi alle persone, la realtà di DialogicaLab può contare su un team di psicologi, psicoterapeuti, ricercatori per servizi di comunità, formatori ed esperti in comunicazione, costantemente attivi nello sviluppo e nell'applicazione del programma di ricerca della Scienza Dialogica.

 

Per approfondire:

"Misuriamo l'intangibile". Una guida all'osservazione delle interazioni umane

 

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