“Misuriamo l'intangibile”. Innovare attraverso il ruolo professionale: il potere della supervisione
Testo a cura di DialogicaLab
«Noi non abbiamo bisogno di più forza o più capacità o di maggiori opportunità.
Ciò di cui abbiamo bisogno è di usare ciò che abbiamo.»
Basil Wash
Attraverso il contributo precedente, abbiamo potuto notare come qualsiasi elemento possa diventare una risorsa, quando viene usato per promuovere la coesione e la conservazione della comunità: è questo l'insegnamento della favola della zuppa di sasso.
Nel mondo delle interazioni, le risorse – siano esse economiche, umane o ambientali – non sono tali per il solo fatto di essere lì, ma lo diventano a seconda di come scegliamo di interagire con esse, conferendo loro un valore d’uso che contribuisce agli obiettivi condivisi della comunità. I 24 modi di impiegare il linguaggio formalizzati dalla Scienza Dialogica ci guidano ad osservare la comunità, a costruire nuove regole interattive e nuovi modi di generare risorse. Ma cosa significa questo in pratica, ad esempio nei contesti organizzativi?
Proviamo a calare questo discorso usando quelle che, in ambito organizzativo, definiamo “risorse umane”: se scegliamo di osservare la realtà sul piano delle interazioni, le persone impiegate in un ambiente lavorativo diventano “risorse” nel momento in cui le modalità interattive messe in campo da loro e dalla comunità in cui sono inserite promuovono un contributo al perseguimento dell’obiettivo che le accomuna. E dunque, cosa abbiamo tutti noi a disposizione per essere nelle condizioni di renderci, e rendere i nostri colleghi e colleghe, risorse nella nostra realtà lavorativa (a prescindere che sia un’azienda, un’organizzazione Non Profit, un Ente pubblico o un Ente finanziatore)?
Il ruolo, ovvero la base su cui ogni realtà organizzativa fa affidamento nel perseguire i propri obiettivi, è ciò su cui ragioneremo insieme in questo contributo. È proprio l’esercizio del ruolo, infatti, che consente ad ognuno di noi di collocarci come risorse quando interagiamo. Una delle sue prime caratteristiche osservabili è che nessun ruolo si dà al di fuori di un’interazione: non c’è docente senza studente, né genitore senza figlio. Anche a livello professionale, nessun ruolo esiste al di fuori di una matrice, che governa in modo più o meno preciso i processi interattivi che costantemente si sviluppano all’interno delle organizzazioni.
Molto più spesso siamo abituati a pensare al ruolo schiacciando il suo esercizio su dimensioni che potremmo definire “personali”. Pensiamo a come descriviamo talvolta i differenti modi di svolgere il ruolo professionale: ci raccontiamo che alcuni lo svolgono in modo pervasivo, da veri "workaholic"; che altri si distraggono facilmente, perdendo di vista le priorità, o con una scusa sempre pronta per delegare agli altri quanto c’è da fare. O narriamo talvolta il nostro modo di stare nel ruolo come soggetto a burn out e stress, ci diciamo forse travolti da problemi personali che ci distraggono sul lavoro, oppure ci vediamo sicuri di essere dalla parte della ragione in un conflitto nato con qualche collega o con il capo. Osservare queste situazioni dal punto di vista interattivo significa leggerle come narrazioni impiegate per far interagire il nostro ruolo con gli altri ruoli dell’organizzazione.
Il ruolo, in questo modo, non è la persona: lo osserviamo come uno snodo, un “punto interattivo” della realtà organizzativa (l’azienda, la fondazione, l’associazione, l’ufficio di piano...) che, nell’interazione, gestisce processi organizzativi a partire dagli obiettivi che ha in delega.
“È fatto/a così, non cambierà mai!”, “Sono esaurito/a, non posso più lavorare qui”, o “Faccio io questo task, è meglio che lasciarlo a lui/lei, altrimenti facciamo brutta figura”, sono alcuni esempi di interazioni che generano realtà di senso (non esistenti in senso percepibile, non le vediamo né le tocchiamo) critiche per l’organizzazione: interagendo necessariamente con gli altri ruoli, i discorsi che si generano nel perseguire gli obiettivi in delega al ruolo ricoperto impattano sul grado di coesione nel perseguire gli obiettivi più ampi dell’organizzazione.
Non si tratta allora di cambiare la persona, ma di intervenire sulle modalità interattive usate per esercitare il ruolo. Quali sono le modalità discorsive utilizzate da chi ricopre un certo ruolo per esercitare le competenze del proprio profilo e perseguire gli obiettivi che ha in delega? Quanto queste modalità di uso del linguaggio lo orientano ad offrire un contributo agli obiettivi comuni dei team di lavoro? Quanto il modo di contribuire impatta sugli obiettivi, e come costruire strategie per promuovere coesione nel perseguire gli obiettivi dell’organizzazione? Questo mette nelle condizioni un’intera organizzazione di affrontare le criticità cambiando le regole interattive usate, orientandole al lavoro di squadra ed alla responsabilizzazione di ognuno nell’offrire il contributo richiesto dal ruolo ricoperto.

Immagine di snowing su Freepik
È facile pensare che, una volta assegnato un ruolo, con tanto di etichetta e qualifica, il problema sia risolto. Ma sappiamo bene che non è così: tutti noi abbiamo in mente esempi in cui l’etichetta del ruolo non coincide con la competenza. L’esercizio del ruolo e delle competenze che lo caratterizzano è un processo continuo, in costante mutamento, di cui serve prendersi cura attraverso strategie precise. E qui entra in gioco la formazione.
Corsi, master, webinar: la formazione agisce da booster dell’innovazione. Permette di costruire un ruolo, oppure di ri-strutturare un ruolo già formato all’interno dell’organizzazione a cui appartiene, attraverso l'integrazione di competenze. Una delle forme più efficaci di formazione per far evolvere i ruoli all'interno di un team è la supervisione.
Spesso impiegata per affrontare e gestire problematiche come burn out o difficoltà personali nello svolgimento del proprio lavoro, la supervisione viene spesso citata come dispositivo per le professioni sociali. Di fatto, la supervisione intesa come processo di promozione delle modalità di collocazione nel ruolo, può essere strategia spendibile all’interno di ogni realtà organizzativa. Talvolta, rischia però di perdere il valore di occasione di cambiamento delle modalità con cui si agisce il ruolo, se l’assetto che si genera a partire dalla condivisione di frustrazioni e malcontenti non viene governato in funzione degli obiettivi della supervisione stessa.
Come massimizzare dunque il potere della supervisione, rendendola occasione per gestire il contributo dei ruoli che vi partecipano, sviluppando una collocazione da risorse dentro un assetto di squadra?
Un case study: come la supervisione diventa occasione per generare risorse
Dialogica è impegnata da anni all’interno di diversi contesti organizzativi nella gestione di percorsi di supervisione, sia individuale che di gruppo.
Attualmente, anche grazie all’occasione dei fondi PNRR - linea di subinvestimento 1.1.4, conosciuta ai più come “contrasto al burn out” degli operatori sociali, il team di lavoro di Dialogica è attivo su diversi territori nel ruolo di supervisori. Per condividere la messa a terra di quanto abbiamo raccontato sopra, ci focalizzeremo ora sull’esempio emblematico della Valle Camonica.
Iniziamo nel 2021 una collaborazione con l’Azienda Territoriale Servizi alla Persona della Valle Camonica, l’Ente strumentale di cui si sono dotati i Comuni dell’Ambito per gestire alcuni del Servizi Sociali rivolti ai loro cittadini. A partire dalla loro richiesta di supervisione a tutti gli Assistenti Sociali del Servizio Sociale di base e all’equipe dell’Area Minori e Famiglie, mettiamo a fuoco insieme, in un dialogo circolare con i ruoli di direzione, l’esigenza di uno scarto nel modo in cui l’organizzazione nel suo insieme gestisce i servizi al cittadino.
Condividiamo, ai diversi livelli dell’organizzazione, quanto la pervasività dell’impostazione assistenziale abbia consolidato un modello organizzativo funzionale e di gestione dei servizi “a canne d’organo”: le categorie d’utenza sono il criterio elettivo con cui si muovono le equipe e il ruolo professionale fatica a vedersi e a farsi riconoscere in veste di risorsa per la comunità. La sicurezza che offre il fatto di avere delle procedure è, al contempo, anche la frustrazione nel vedersi esecutori di pratiche e procedure, più che attori di processi di cambiamento con i cittadini e la comunità territoriale.
L’occasione del PNRR 1.1.4 consente dunque di rendere sistematico e capillare il lavoro di potenziamento e accompagnamento di tutti i ruoli operativi e di coordinamento nel ripensarsi squadre di lavoro, guidate da obiettivi generativi. Per un nuovo welfare, sviluppare le competenze dei ruoli che operano nei servizi come facilitatori di processi di condivisione e community manager, in grado di far convergere equipe multiprofessionali, reti di servizi e progettualità trasformative con i cittadini, è la sfida che accomuna trasversalmente tanti territori.
La supervisione diventa un dispositivo sistematico e governato all’interno di un unico grande progetto di innovazione organizzativa, che non separa i percorsi dei diversi gruppi multiprofessionali coinvolti ma li gestisce attraverso una cornice metodologica unitaria
Gli operatori sono tanti e i gruppi plurimi, ma configurati a partire dall’opportunità di andare “oltre” i confini dell’appartenenza al singolo servizio. È una supervisione ai ruoli che tiene tutti dentro un processo di sviluppo strategico dell’organizzazione nel suo insieme, al punto da rifondare completamente il modello organizzativo dell’Ente sulla base di un’impostazione per obiettivi e processi, che mette al centro i cittadini e la comunità.

Foto di Charles Forerunner su Unsplash
Usare la supervisione per generare strumenti e risorse, e far esercitare competenze di ruolo per promuovere il cambiamento nell’affrontare le criticità che si possono incontrare, cambia l’impatto che si ha nell’uso dei fondi a disposizione: raccogliere e accogliere quello che viene portato (vissuti, emotività, frustrazioni, controversie...) è solo il primo passo. Per generare impatto attraverso le risorse del PNRR serve accompagnare i professionisti a tornare ad essere risorse per la propria organizzazione. Diversamente ci esponiamo al rischio di sprecare e consumare le risorse (sia economiche che umane), con ricadute rispetto al valore generato dal progetto nella comunità professionale e territoriale.
Ecco allora che la supervisione diventa utile per:
- aiutare i professionisti ad esercitare il ruolo, attraverso modalità interattive orientate a perseguire l’obiettivo del servizio, gestendo gli interessi, le credenze e le emozioni personali dei partecipanti e proprie;
- promuovere il cambiamento nei modi di contribuire all’organizzazione, generando una cultura di squadra;
- favorire l’innovazione organizzativa, governando il contributo di ciascuno in modo efficace ed efficiente.
Come la supervisione, anche la formazione assume enorme valore nella promozione di innovazione attraverso il ruolo professionale che ognuno di noi ricopre. Dialogica ha inaugurato quest’anno DialogicaLab Academy, dedicata ad offrire occasioni di sviluppo di competenze utili a muoversi come “promotori di innovazione e cambiamento” attraverso riferimenti scientifici di governo delle interazioni, fondamentali nella gestione delle risorse.
DialogicaLab. “Siamo Architetti dell’interazione umana e progettisti del cambiamento. Il nostro obiettivo è rendere Enti Pubblici, organizzazioni private, cittadini più competenti nell’aumentare il proprio impatto positivo sulla comunità di riferimento e nel promuovere la sostenibilità come responsabilità condivisa. Vediamo un mondo in cui la conoscenza diffusa e rigorosa delle interazioni umane consente ai policy maker e ai cittadini di anticipare l’impatto delle proprie scelte e di progettare e gestire comunità più coese, più in salute e più sostenibili".
Impegnata dal 2006 negli ambiti della consulenza, della formazione e della ricerca per l'innovazione di Politiche Sociali e Servizi alle persone, la realtà di DialogicaLab può contare su un team di psicologi, psicoterapeuti, ricercatori per servizi di comunità, formatori ed esperti in comunicazione, costantemente attivi nello sviluppo e nell'applicazione del programma di ricerca della Scienza Dialogica.
Per approfondire:
"Misuriamo l'intangibile". Una guida all'osservazione delle interazioni umane
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